Siamo tutti Caregivers

mercoledì 30 giugno 2021

Non più malati legati

Non più malati legati Nella Seconda Conferenza Nazionale Per una salute mentale di comunità, promossa dal ministero della Salute a vent'anni dalla prima del 2001, venerdì 25 giugno, il ministro Roberto Speranza ha scelto di concludere il suo discorso di apertura con una riflessione su un provvedimento appena inoltrato dal Gabinetto del Ministero alla Conferenza Stato, Regioni e Province autonome. Il documento Superamento della contenzione meccanica nei luoghi di cura della salute mentale, discusso e approvato dal Tavolo Tecnico sulla salute mentale, è stato predisposto a partire da contributi di esperti. Come ha detto il ministro trattasi “di un provvedimento [..] di grande valenza etica, oltre che di indirizzo, e che risponde alle numerose sollecitazioni e raccomandazioni di vari enti e istituzioni.” Tale provvedimento rappresenta il primo atto che in maniera organica definisce le azioni da promuovere, a differenti livelli istituzionali - Governo, Regioni, Aziende Sanitarie - e dei servizi dei Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) e della Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (NPIA), per il raggiungimento di contenzione zero nel triennio 2021-23, mettendo al centro i diritti della persona in cura e la dignità degli operatori non più costretti a pratiche inumane e degradanti. La contenzione, pratica antiterapeutica e non sanitaria, come riconosce la Corte di Cassazione nel 2018, viola l’art. 13 della Costituzione “la libertà personale è inviolabile” se non per disposizioni di legge. Contrasta con gli art. 14 e 15 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 2006, ratificata dal governo italiano nella Legge 18/2009, sul diritto delle persone con disabilità a non essere private della libertà e non essere sottoposte a trattamenti inumani e degradanti. La contenzione peggiora le condizioni psicofisiche della persona, con esiti negativi che possono arrivare fino alla morte. La pratica del legare le persone in cura nei Dipartimenti di Salute Mentale è diffusa, a volte routinaria e sommersa. I servizi dove si lega sono prioritariamente i Servizi psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC), ma si ricorre alla contenzione meccanica anche nelle strutture residenziali, nelle cosiddette comunità terapeutiche pubbliche e private accreditate. I dati sul fenomeno sono poco attendibili e non confrontabili. Sono almeno 20 gli SPDC (su 319) che non ricorrono alla contenzione, a testimonianza del fatto che è possibile evitarla. Altri SPDC hanno avviato un percorso per la sua riduzione e il suo superamento, altri ancora si stanno interrogando e formando su come contrastarla. Esperienze di contenzione zero sono già presenti in Piemonte, Lombardia, p.a. Bolzano, p.a. Trento, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Puglia, Sicilia. Il documento si conclude con 7 raccomandazioni, per le quali si definiscono i tempi e le responsabilità, con l’obiettivo di abolire la contenzione. È necessario lavorare per un cambiamento culturale che superi il paradigma della pericolosità e quello biomedico per cui quando i farmaci non producono la sedazione del soggetto, si ricorre alla contenzione. Come appare necessario riorientare sempre più i servizi verso servizi di prossimità, integrati, inclusivi, radicati nel territorio, qualificati negli habitat, aperti ogni giorno almeno 12 ore, capaci di farsi carico della domanda di salute, quando questa si produce, in particolare per le persone in crisi. È necessario qualificare il lavoro di equipe e il lavoro di rete tra i servizi sociali e sanitari del territorio. Il processo verso la contenzione zero deve riorientare l’intero sistema dei servizi del DSM e del NPIA, dal momento che la contenzione è il risultato di una serie di disfunzioni, abbandoni, non risposte, assenza di interventi tempestivi, insufficiente continuità assistenziale della rete dei servizi nel suo complesso e non può essere ascritta solo agli operatori del luogo dove si pratica. Di fronte agli impegni presi dal ministero nei due giorni della Conferenza, onde rendere immediatamente concreto il percorso verso l’abolizione della contenzione, la Campagna nazionale “… e tu slegalo subito” chiede di organizzare in tempi ravvicinati percorsi di formazione per le operatrici e gli operatori dei servizi di salute mentale per adulti e per minori e adolescenti, pubblici ed accreditati, e istituire un osservatorio nazionale specifico per il monitoraggio della contenzione a cui far arrivare i dati forniti dalle regioni. Giovanna Del Giudice Psichiatra, portavoce campagna nazionale “... e tu slegalo subito” 29 giugno 2021

Disabilità plurisensoriale. Modello residenziale peculiare

https://www.legadelfilodoro.it/it/modello-residenziale-lega-del-filo-doro Il modello della Lega del Filo d’Oro prevede l’integrazione della dimensione familiare in un contesto strutturato Quattro persone, un numero sufficientemente piccolo per poter creare relazioni autentiche con tutti. Ognuno ha la propria camera, che personalizza secondo le necessità, e il suo bagno. Si condividono la cucina e il soggiorno, ma anche qui ciascuno ha il suo angolino, proprio come in una famiglia. Il modello che la Lega del Filo d’Oro ha scelto per i propri servizi residenziali è quello di una casa: una casa per la vita. L’idea centrale è che le persone con sordocecità e pluriminorazione psicosensoriale alla Lega del Filo d’Oro non trovino solamente dei servizi funzionali, ma un luogo in cui poter vivere bene. La dimensione domiciliare è considerata a buona ragione quella ideale per le persone con disabilità, coerente con il principio di autodeterminazione come diritto di decidere dove e con chi vivere. Ma in molti casi di disabilità grave, la vita tra le mura domestiche non è possibile. Per questo la Lega del Filo d’Oro, in linea con questi principi, sin dall’inizio realizza un modello di accoglienza a dimensione familiare e inclusiva. Il modello della Lega del Filo d’Oro prevede, quindi, l’integrazione della dimensione familiare dentro un contesto più strutturato, che riesce a garantire quei servizi di maggior specializzazione che la complessità della disabilità richiede, a cominciare da quelli sanitari. Non si tratta solo di una diversa organizzazione degli spazi, ma di un preciso progetto che, partendo dalla dimensione educativo-riabilitativa, si estende “per la vita”. Un modello che nasce da una valutazione dei bisogni, dal confronto con le migliori esperienze internazionali, dal dialogo diretto e continuo con le persone sordocieche e con le famiglie. CONTATTI Via Linguetta 3, 60027 Osimo - AN Tel. 071 72 45 1 Fax 071 71 71 02 info@legadelfilodoro.it CookiesPrivacy ©2020 Lega del Filo d'Oro ONLUS | P.iva 01185590427 | Cod. fisc.80003150424

sabato 26 giugno 2021

Una ragazza con disabilità non ha diritto alla sua vita sessuale ed affettiva.

Carissimi, Il 02 luglio 2021 inizierà il processo nel quale è sotto accusa l’intimità sessuale di una giovane donna, Yaska Ghods, cittadina fiorentina, dichiarata interdetta dal 2016, collocata in una struttura psichiatrica contro la sua volontà, drasticamente limitata nell’ esercizio della libertà personale, allontanata dai familiari (i genitori, un fratello ed una sorella). L’ imputata è la madre, Jeanette A. Fraga: accusata di “violenza sessuale” per aver agevolato i rapporti tra la figlia ed un ragazzo con lei fidanzato da dieci anni (a sua volta imputato) sul presupposto che le condizioni mentali della ragazza, con la sua diagnosi di schizofrenia, non le consentano alcuna intimità sessuale: per cui ogni rapporto con la stessa – per quanto consolidato e desiderato da Yaska – corrisponderebbe ad un “abuso” della sua condizione di inferiorità. Di fronte e questa mostruosità giuridica e umana, l'associazione Radicale “Diritti alla Follia” intende denunciare la violenza istituzionale cui Yaska è sottoposta e la natura “medievale” dell'iniziativa della Procura della Repubblica di Firenze, impegnata a ledere i diritti fondamentali che la Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità (divenuta legge in Italia dal 2009) riconosce ad ogni individuo, anche se portatore di una disabilità psicosociale. La vicenda è stata narrata dalla trasmissione televisiva “Le iene”, che ne ha fatto materia di due servizi nello scorso aprile (06/04/2021 e 13/04/2021) disponibili ai seguenti link: https://www.iene.mediaset.it/video/yaska-la-schizofrenia-e-il-dramma_1024224.shtml https://www.iene.mediaset.it/video/yaska-costretta-all-aborto-perche-schizofrenica_1031173.shtml L’associazione Radicale “Diritti alla Follia”, anche allo scopo di incontrare i giornalisti che volessero approfondire i caratteri della storia di Yaska, ha organizzato un presidio che si terrà alle ore 10.00 nello spazio all'aperto antistante l'ingresso del Tribunale di Firenze in Viale Alessandro Guidoni n. 61. Siete tutti invitati a partecipare. Associazione Radicale “Diritti alla Follia” Per info e contatti: Cristina Paderi Segretaria 3462378960 Michele Capano Tesoriere 3887942692

venerdì 25 giugno 2021

I “giovani” caregivers: intervista con Erika Borellini, studentessa universitaria caregiver

I “giovani” caregivers: intervista con Erika Borellini, studentessa universitaria caregiver di Sbragia Mariagrazia I “GIOVANI” Quella dei giovani adulti in Italia è una condizione “fantasma” non ricevendo alcuna attenzione da parte delle istituzioni se non facendo riferimento al “problema della disoccupazione” e alla più generale crisi del mondo del lavoro. La giovane adultità, comunque, sembra non destare nessuna attenzione particolare se non, ultimamente purtroppo, per l’incidenza delle morti sul lavoro che vede giovani e giovanissimi lavoratori morire perché non sufficientemente protetti. In psicologia gli studiosi concordano nel ritenere che la giovane adultità corrisponde al periodo di transizione tra adolescenza ed adultità, una fase questa che in Italia e nei paesi europei, si sta sempre più allungando temporalmente per motivi strutturali (lo studio e la formazione) ed economici (crisi economica ed assenza di lavoro). In questo frangente i “giovani adulti” si trovano in una situazione di sospensione esistenziale in cui non è possibile fare progetti, guardare avanti, e dare continuazione al racconto di sè stessi. Il “passaggio” alla vita e allo status di adulto comporterebbe generalmente il terminare gli studi, entrare nel mondo del lavoro, raggiungere l’indipendenza economica e abitativa e la costruzione di una nuova famiglia ma la “transizione prolungata” (o “famiglia lunga”) permette solo di restare confinati nella famiglia di origine senza la possibilità di allargarsi in modo indipendente. Nel modello nordico, invece, l’uscita dalla casa del giovane non corrisponde al “matrimonio”, come nel modello mediterraneo, ma all’abitare da solo in una casa indipendente magari ricevendo sostegno economico dai genitori (che collaborano per lo sviluppo dell’indipendenza del figlio). Si ritiene che questa condizione di sospensione dipenda dalla mancanza di capacità di separazione dei genitori dai figli ma, soprattutto, dalla mancanza di un vero e proprio pensiero progettuale verso l’indipendenza dei giovani che si apprestano a diventare adulti. Tale “assenza di pensiero” sociale, andrebbe a bloccare il necessario bisogno di distinzione dal programma emozionale della famiglia, e produrrebbe malattie psichiche come depressione, ansia, panico e disturbi del comportamento alimentare. I GIOVANI CAREGIVERS L’assenza di dati scientifici sulla condizione vissuta da molti giovani è sconcertante e riproduce a specchio la mancanza di attenzione rivolta a questa fascia di età dalla cultura e dalle istituzioni in particolare nel nostro paese. Di recente l’Unione Europea si è fatta promotrice del Progetto Me-We rivolto appunto ai “Giovani Caregivers” includendo le fasce di età dai 15 ai 17 anni, e quella dai 17 ai 25 anni. Si tratta del tentativo di sviluppare nei soggetti in età evolutiva una consapevolezza maggiore sul proprio ruolo offrendo loro strategie per sviluppare la capacità di resilienza e di autogestione. E’ rivolti ai soggetti che svolgono carichi di assistenza non massivi ma comunque importanti alla persona fragile, e che mantengono un rapporto costante con la scuola. Esistono però casi (sempre più frequenti) in cui l’assistenza alla persona fragile assorbe tutte le risorse del giovane, ed in questo caso in letteratura si parla di “maltrattamento” e “trauma”. Questa evenienza si pone nel caso in cui il ragazzo, che ha già bisogno di assistenza di per sé, non solo non è supportato da nessuno ma deve lui stesso supportare altri in modo necessario. Si parla poco di questa condizione “giovanile” ed è sempre più frequente per mancanza di risorse economiche e gestionali della famiglia. L’attenzione, quindi, di questi soggetti dovrebbe essere massima considerati gli aspetti di “sospensione esistenziale” citati nel paragrafo precedente. INTERVISTA CON ERIKA BORELLINI Ho il piacere di intervistare oggi Erika Borellini, studentessa di Ingegneria elettronica all’Università di Reggio Emilia. Ciao Erika, come sei diventata caregiver? All’inizio non sapevo di essere caregiver, ed è stato lungo per me il percorso verso l’autoconsapevolezza di esserlo… anzi, all’inizio non mi piaceva nemmeno essere chiamata così, perché qui in Italia il termine “caregiver” è sinonimo di “badante” o “domestica”, cioè una persona a cui sono richieste mansioni di pulizia e di igiene …mentre all’estero il significato può estendersi anche al medico o all’infermiera nel senso di “prendersi cura della salute della persona”. Io ho impiegato 6 anni a capire che cos’è un caregiver e l’evento chiave è stata la mia richiesta all’Università… Andiamo con ordine: tua mamma nel 2013 rimane gravemente colpita da un aneurisma cerebrale. Da allora tu e i tuoi familiari si prendono cura di lei anche con l’aiuto di un’infermiera. Ti laurei al corso biennale con 84/110, e manca 1 punto per l’accesso alla triennale, quando ad uno studente lavoratore ne vengono concessi ben 2. A questo punto fai richiesta all’Università e non ti viene concesso. Allora inizi una campagna mediatica per diffondere l’informazione ed il MIUR approva la tua richiesta e adesso puoi continuare gli studi… Sì, è così…ed in questo frangente ho capito, anche conoscendo gli altri caregivers, che siamo una tribù molte estesa e che dobbiamo unirci per portare la nostra voce dimenticata dalle istituzioni. Ricordo che in Italia si stima che i giovani caregivers siano il 2,8% della popolazione tra i 15 ed i 24 anni (dati ISTAT riportati nella campagna “ME-WE”), e che questa fascia di caregiver è “fantasma”, assolutamente non considerata e non vista socialmente. Sì, i “giovani” destano poca attenzione già a partire dal medico che sottostima i problemi di salute per la “giovane età”…ovvero si sottostima molto il lavoro usurante che il giovane deve svolgere a casa quotidianamente e non ci sono cenni di prevenzione… Senti Erika, nella tua esperienza, che cosa manca ad un caregivers per sentirsi tale a pieno titolo? che cosa ti è mancato in questi anni per sentirti un caregiver felice? Prima di tutto, le informazioni: avere un affiancamento medico ed infermieristico dove qualcuno ti dica subito dove e come mettere le mani sulla persona disabile, a partire dalla gestione igienico/sanitaria a casa (ad esempio, come girare la persona allettata per lavarla, come fare riabilitazione oro-faringea, etc……)… Una cosa che sembra una sciocchezza, e che non lo è affatto: come lavare i denti ad una persona cerebrolesa grave: dopo varie ricerche logopediche ho scoperto grazie ad un logopedista che il distretto oro-faringeo di questi pazienti è molto trascurata di solito, perciò ho iniziato a porre maggiori attenzioni all’igiene della bocca di mia mamma. Abbiamo dovuto girare tanto in Italia al fine di trovare personale specializzato in questo tipo di pazienti, perché per formazione non esiste un fisioterapista o un logopedista specializzato in problematiche neurologiche di un certo livello…. Per i pazienti di Alzheimer o di SLA, ad esempio, ci sono percorsi diagnostici ed assistenziali più definiti e rapidi. Questo è scioccante, lottare per avere informazioni necessarie al mantenimento in vita di un familiare malato costretto all’immobilità…immagino la tensione che avete vissuto in questi momenti… E’ stato un incubo, abbiamo passato momenti da incubo. Spesso i medici non ci credono quando diciamo che mia mamma mostra di comunicare con noi attraverso cenni dello sguardo o con parole pronunciate ovviamente con le sue difficoltà: anche questo discredito continuo, peggiora la comunicazione con i medici e alla fine non produce nessuna novità di intervento per mia mamma. Una volta è stato grazie proprio ad un terapista del dolore, capace di accogliere le risposte di mia madre, che è stato possibile capire dove aveva dolore da giorni: era una nevralgia del trigemino…. “Prendersi cura di qualcuno” non è semplice affatto: così come si danno informazioni sul diabete o sulla gastrite, allo stesso modo potrebbero essere date informazioni su come ci si prende cura di un paziente anziano o malato…sarebbe anche un risparmio notevole in termini economici per lo Stato… E’ giusto ciò che dici, condivido appieno. Ma ritorniamo un attimo alle cure: quindi, da ciò che mi dici, hai avuto problemi nel capire che cosa fare per tua mamma? Sì, all’inizio i medici si sono limitati alla diagnosi, ma non abbiamo avuto nessuna indicazione per quanto riguarda una possibilità di “riabilitazione”, intesa anche come semplice mantenimento in vita della persona: ad esempio, la nutrizione, che cosa dare da mangiare ad una persona allettata, e come (sondino o in modalità autonoma): è stato un calvario capirlo, ed alla fine ci siamo affidati maggiormente alle nostre forze, a ciò che mia madre rispondeva. Attualmente mangia da sola il cheese cake, possibilità che ci era stata assolutamente negata dai medici. Erika, che cosa ti spaventa di più oggi? Il mondo del lavoro: oggi sono studentessa e riesco ad organizzare l’assistenza di mia mamma tra lezioni ed esami, ma un domani se avrò un lavoro come farò ad assistere mia mamma che ha bisogno di un mediatore per essere capita e “tradotta” da chi non la conosce, soprattutto a livello medico. Questo è per me fonte di preoccupazione.

martedì 22 giugno 2021

Dopo di Noi. Fondazioni di partecipazione

Da "Informare un'H" arriva l'importante segnalazione dell'evento dal titolo “Le Fondazioni di partecipazione per il ''Dopo di noi” previsto per il prossimo 29 giugno. https://www.secondowelfare.it/edt/file/programma(1).pdf

domenica 20 giugno 2021

Deumanizzazione delle Persone con disabilità durante la pandemia.

11 giugno 2021 Fonte www.superando.it - Deumanizzare, come da definizione di vocabolario, significa, in estrema sintesi, pensare all’altro essere umano sostanzialmente come a un oggetto, compiendo quindi sullo stesso azioni inaccettabili in un contesto normale. Più ampia è la spiegazione di tale concetto, nella parte introduttiva del documento Umanizzazione delle cure e accompagnamento alla morte in scenari pandemici, recentemente licenziato dal Comitato Sammarinese di Bioetica, organismo che sin dagli esordi del proprio operato, avvenuto in forza della Legge 34/10 della Repubblica di San Marino, ha dedicato costante attenzione alle tematiche della disabilità, inserendola in ogni proprio documento: «Le pratiche di deumanizzazione sono state studiate sotto tutti gli aspetti, ponendo all’attenzione del mondo scientifico le implicazioni e le conseguenze negative che stigmatizzano varie fasce di popolazione colpita, negandone e/o sminuendone l’appartenenza al genere umano e così giustificando varie espressioni di violenza, di trattamenti inumani e degradanti. La pandemia SARS-CoV-2 ha evidenziato nuove forme di deumanizzazione motivate da una situazione di emergenza mondiale che ha visto una sostanziale impreparazione nell’affrontarla, causando il mancato rispetto di princìpi e pratiche sociali ed umane. In tal caso, le decisioni che hanno prodotto una sostanziale limitazione di attività sociali e religiose, di compressione di importanti relazioni umane, di sottovalutazioni di essenziali diritti umani sono scaturite da una situazione di emergenza pandemica in cui gli Stati, e non fasce di cittadini, hanno operato in modo drastico e imperativo, con tempistiche rapide e inappellabili. Esse, poi, hanno pesato in maniera forte non solo sulle relazioni umane ma anche sulle percezioni psicologiche individuali e sociali [grassetti nostri nella citazione. Il testo integrale del documento è disponibile a questo link, N.d.R.]». Riteniamo di particolare interesse, all’interno di tale documento, il capitolo intitolato La deumanizzazione delle persone con disabilità durante la pandemia, che qui di seguito proponiamo integralmente ai Lettori e alle Lettrici. La deumanizzazione delle persone con disabilità durante la pandemia* Fenomeni di deumanizzazione hanno colpito le persone con disabilità e le loro famiglie durante tutte le fasi della epidemia da SARS-CoV-2. All’inizio del contagio da coronavirus tale processo ha assunto la forma dell’invisibilità, che ha investito e travolto i diritti di persone con disabilità e familiari, ignorati dai sistemi di emergenza (mancanza di attenzione in rapporto alla distribuzione dei DPI [Dispositivi di Protezione Individuale, N.d.R.], alla protezione nelle residenze, al lockdown di tutti i servizi ad esse dedicati, etc.). La “deumanizzazione per invisibilità” appena descritta si realizza, quindi, attraverso il silenzio, la disattenzione, la noncuranza, il ricorso al dato statistico che annulla la pregnanza dell’identità personale e sociale. In tale direzione, ancora oggi, non vi sono dati su quante persone con disabilità siano state colpite dalla pandemia e quante siano decedute, soprattutto nelle residenze di lunga degenza. Essa coniuga aspetti espliciti, voluti dalle istituzioni e inapparenti, che permettono alla società civile di distogliere lo sguardo, di non assumersi responsabilità per la deprivazione di umanità che colpisce alcune fasce di persone. Fortunatamente, però, il velo d’invisibilità è stato squarciato dalle associazioni di rappresentanza, pronte a sollecitare interventi utili a rispettare esigenze cancellate dalla politica del lockdown, quali la possibilità per le persone con disabilità intellettiva e relazionale di uscire di casa o di essere esentate dall’obbligo di indossare mascherine o rispettare il distanziamento fisico. Agli inizi di marzo il 2020, per la «massimizzazione dei benefìci a favore del maggior numero di persone» in presenza di scarse risorse strumentali ed umane, erano state pubblicate raccomandazioni in base alle quali sarebbe possibile evitare di assistere le categorie di persone anziane o con disabilità grave (deumanizzando il singolo) [se ne legga in «Superando.it» a questo link, N.d.R.]. Una tale proposta era stata prontamente denunciata dal Comitato Sammarinese di Bioetica e condannata da tutta la comunità internazionale come violazione di diritti umani, ed era stato segnalato in particolare il fatto che il quadro internazionale della medicina delle catastrofi era profondamente cambiato dopo l’approvazione della Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità dell’ONU. Le raccomandazioni emanate all’inizio della pandemia erano utili a giustificare le scelte dei medici sul triage dei pazienti, ma al tempo stesso rischiavano di dare origine a una forma di disimpegno individuale in grado di indebolire il controllo morale distorcendo, minimizzando, le conseguenze degli atti compiuti, oltre a dare per scontato, come pratica socialmente condivisibile, di imputare alla specifica limitazione psico-fisica la responsabilità di quanto tali persone deumanizzate subiscono. Ne consegue come la deumanizzazione costituisca un potente disinnesco delle comuni regole morali. Quando percepiamo nell’altro un essere umano, proviamo reazioni empatiche che rendono difficile fargli del male senza provare angoscia, stress, rimorso, sentimenti, peraltro ridotti d’intensità o inibiti quando attribuiamo a chiunque dei tratti inumani. In altre parole, la deumanizzazione attenua, in alcuni casi sopprime, l’empatia e la compassione che si prova di fronte alla sofferenza altrui. Le funzioni principali della deumanizzazione sono tre: la giustificazione della violenza, la legittimazione dello status quo, la presa di distanza da una situazione potenzialmente angosciante. Gli studi sul tema indicano nella deumanizzazione un presupposto necessario perché individui o gruppi siano marginalizzati e nei loro confronti possano essere poste in atto violenze estreme. Una quarta funzione della deumanizzazione – la meno studiata in psicologia sociale – è quella di “proteggere” chi ricopre una posizione di potere e deve prendere decisioni potenzialmente pericolose, e dolorose per altri esseri umani. Essa può essere definita difensiva e non ha necessariamente l’impatto negativo delle precedenti, ma comporta conseguenze comunque pesanti in molti àmbiti istituzionali perché permette che gli operatori sociali (medici, psichiatri, infermieri, assistenti sociali, giudici, forze dell’ordine, personale carcerario) intervengano in situazioni rischiose e prendano decisioni difficili all’interno di relazioni lavorative pesanti e coinvolgenti, mettendo talora in secondo piano le sofferenze di chi è sottoposto alle loro cure o al loro controllo. Nel personale di cura la deumanizzazione del paziente risulta associata a più bassi livelli di stress e burnout ma, al tempo stesso, può deteriorare il rapporto terapeutico e danneggiare il funzionamento emotivo-cognitivo del paziente. Anche l’elevato numero di persone decedute nelle residenze per anziani non autosufficienti e persone con disabilità (1) richiede una riflessione: il sistema di welfare prevalente destinato a queste persone pretende di essere un sistema protettivo, in realtà non le ha protette durante la pandemia. Dovremo ripensare il welfare verso un sistema inclusivo, rispettoso dei princìpi della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, legato al mantenimento delle persone nella propria comunità di vita ed al sostegno alla piena cittadinanza. Il carico sproporzionato di problemi che hanno vissuto le persone con disabilità e le loro famiglie, è stato evidenziato dalla Commissaria Europea per l’Uguaglianza e la Parità di Genere Helena Dalli ed evidenziato dalle ricerche di organizzazioni internazionali di questa fascia di persone (2) e di società scientifiche (3). *Capitolo del documento Umanizzazione delle cure e accompagnamento alla morte in scenari pandemici, approvato il 12 maggio 2021 dal Comitato Sammarinese di Bioetica. I grassetti nel testo sono redazionali. Note: (1) Una ricerca della Camera dei Comuni del Regno Unito sulla base dell’indagine dell’Istituto Nazionale di Statistica ha evidenziato che nelle strutture residenziali dell’Inghilterra e del Galles sono morti il 59% dei residenti con disabilità; un dato analogo è emerso dall’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità italiano che parla di più del 41% dei residenti delle strutture per anziani non autosufficienti dall’inizio della pandemia al 5 maggio 2020. (2) Si vedano, tra gli altri, l’IDA (International Disability Alliance), con il Disability Rights Monitor (2020), il DRF (Disability Rights Fund) (2020) e l’IDDC (International Disability and Development Consortium) (2020) per i Paesi in Cerca di Sviluppo. (3) Si vedano l’APA (American Psychological Association), il rapporto UNICEF su Child Disability and Covid-19 (aprile 2020) e il rapporto dell’AAHD (American Association on Health and Disability), Novel Coronavirus Pandemic and Access to Health Services Among Adults with Disabilities Project. Il Comitato Sammarinese di Bioetica e la disabilità Rispetto all’attenzione riservata alla disabilità da parte del Comitato Sammarinese di Bioetica, basti ricordare una serie di documenti prodotti in questo decennio, divenuti modello ben oltre i propri confini, a partire dall’Approccio bioetico alle persone con disabilità (25 febbraio 2013) che, come si scrisse anche in «Superando.it», va considerato «il primo documento al mondo approvato da un Comitato Nazionale di Bioetica, costruito sui princìpi della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, tramite un approccio bioetico radicato sui diritti umani, che sposta totalmente il baricentro dalla disabilità in sé alla persona con disabilità». E ancora, Bioetica delle catastrofi (10 luglio 2017), ove si afferma la necessità di garantire che l’aiuto umanitario sia rispettoso dei diritti umani di tutte le persone, quelle con disabilità comprese, e quindi La persona malata nel momento della fine della vita (marzo 2019), «nel quale il Comitato – come scrisse su queste stesse pagine Rita Barbuto – ha approfondito gli aspetti scientifici, bioetici e giuridici del processo di cura della persona morente, diritto fondamentale sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, e in particolare delle cure palliative, terapie che estese a tutte le fasi evolutive dell’essere umano (dal neonato, al bambino, all’adolescente, all’adulto giovane o maturo e all’anziano) garantiscono il rispetto della dignità umana. Qui, confermando l’interesse nei confronti della tematica specifica e l’impegno assunto nei due precedenti documenti, ci si occupa di disabilità analizzando quattro tematiche riguardanti il fine vita e le persone con disabilità». Infine, lo scorso anno, il recente Risposta alla richiesta di parere urgente su aspetti etici legati all’uso della ventilazione assistita in pazienti di ogni età con gravi disabilità in relazione alla pandemia da Covid-19, elaborato su richiesta del proprio Commissario Straordinario per l’Emergenza da coronavirus, che ha fornito un parere sull’eventuale selezione delle persone da trattare in terapia intensiva, ponendo come principio base il fatto che non debba esservi alcuna distinzione per età e condizione di disabilità, ma si debba guardare solo alle condizioni cliniche di una persona, che ogni medico deve valutare per decidere gli interventi di cura, così come stabilisce il Codice Deontologico dei Medici. In altre parole, i princìpi di non discriminazione e di uguaglianza di opportunità si devono applicare a tutte le persone anche in situazione di emergenza. (S.B.) Social Anffas SEGUI SEGUI ISCRIVITI Scegli Anffas per il tuo 5x1000! Scegli Anffas per il tuo 5x1000! Progetto Progetto "Liberi di scegliere...dove e con chi vivere" Progetto Progetto "Capacity: La Legge è Eguale per tutti" Il linguaggio facile da leggere Il linguaggio facile da leggere Hai bisogno di informazioni? Chiedi al nostro sportello S.A.I.! Hai bisogno di informazioni? Chiedi al nostro sportello S.A.I.! 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Donne con disabilità vittime di violenza. Il rapporto VERA

È stato pubblicato il secondo report VERA con i dati relativi alle donne con disabilità vittime di violenza. In un anno caratterizzato dall’aumento dei casi di violenza che hanno le donne come vittime, è lecito pensare che sia successo lo stesso alle donne con disabilità, anche se informazioni dettagliate non esistono. Le donne con disabilità sono vittime di una doppia discriminazione in quanto donne e in quanto donne con disabilità. Sarà questo l’oggetto del prossimo progetto di FISH in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Potrebbe interessarti anche… La violenza sulle donne disabili La violenza contro le donne ha molte forme: sessuale, fisica, psicologica, economica. Questo vale anche per le donne con disabilità,… Disviolenza, una tavola rotonda per parlare di violenza contro le donne disabili Intervallato da testimonianze di donne disabili vittime di violenza, il dibattito online ha ospitato diversi interventi per analizzare un fenomeno… I diritti delle donne disabili nella sfera sessuale Il Forum Europeo della Disabilità ha stilato delle linea guida per ribadire cosa devono fare gli Stati membri per le… FISH, intanto, ha pubblicato i dati della seconda edizione di VERA, Violence Emergence, Recognition and Awareness, l’indagine realizzata in collaborazione con Differenza Donna. VERA 2 cerca di far luce su un fenomeno ancora poco studiato e che resta sommerso. Il questionario è stato chiuso l’8 novembre 2020 e ha ricevuto un totale di 1041 accessi con 561 compilazioni valide, tra le quali ne sono state selezionate 486, ovvero quelle che contenevano la risposta a tutte le domande. Per alcune donne, probabilmente, la lunghezza del questionario è stato un deterrente per terminarlo. I 486 questionari completi riguardano donne dai 18 ai 99 anni. Come per il primo questionario, anche per quest’edizione di VERA le donne intervistate sono in possesso di un titolo di studio, occupate e hanno probabilmente una maggiore consapevolezza nel riconoscere gli episodi di violenza. Il campione si evidenzia che prevalentemente l’età è compresa fra i 31 e i 60 anni e le intervistate provengono dal Nord d’Italia, più dell’80% ha un diploma o una laurea e il 37% ha un’occupazione. Quasi la metà (45,5%) sono nubili, mentre il 37,2% è sposata o ha un partner, il 40% ha dei figli mentre un quarto ha meno di 18 anni. Il 40% vive in casa con il partner, il 36,4% con i genitori e il 3,7% in case famiglia. La disabilità prevalente è quella motoria (70,2%), segue la sensoriale (23,8%) e quella intellettiva, relazionale o psichiatrica (14,6%). Inoltre, il 7,2% delle donne presenta disabilità multiple. Quasi la metà delle donne del campione (48,6%) presenta la forma di disabilità sin dalla nascita, per 52,9% è arrivata in età adulta. Per il 6%, invece, è stata un effetto della violenza subita. Molte di queste donne seguono terapie farmacologiche (57,8%) o fisioterapia (42,6%), molte sono interessate a forme di autodeterminazione, mentre il 20% riceve assistenza dai servizi sociali. Prima di analizzare i dati sul tipo di violenza subita, è opportuno condividere il tipo di violenza in analisi. Sul questionario VERA sono presi in esame quattro tipi diversi di violenza: fisica, psicologica, sessuale ed economica. Molte persone identificano la violenza solo come “sessuale”, ma gli abusi possono essere di diverso tipo e spesso si manifestano in contemporanea. Molto spesso la violenza avviene dentro casa o all’interno di una coppia. Quella più diffusa è l’insulto, la svalutazione e l’umiliazione che il 49% delle donne intervistate ha subito almeno una volta, il 20,8%, invece, è stato vittima di violenza sessuale, il 18,3% ricattate. La violenza psicologica è la tipologia più diffusa (51,4%), messa in secondo piano rispetto a quella fisica (14,4%) o sessuale (34, 6%), l’ultima è quella economica (7,2%). Donne alle quali viene negata la possibilità di gestire il denaro e di accedere all’autodeterminazione. Nel report, inoltre, si includono anche gli episodi avvenuti via etere, la richiesta o la condivisione di foto o video in atteggiamento intimo. La violenza psicologica resta la più difficile da riconoscere e denunciare. Un altro dato importante è quello legato alla consapevolezza della violenza subita. Delle 486 donne solo 172 riconoscono la singola forma di violenza, mentre il 25,3% non ne è ancora consapevole. Molto spesso le donne faticano a riconoscerla e infatti il numero di donne coinvolte raddoppia se si passa da chi dichiara a chi riconosce di essere una vittima. Solo l’1% dichiara di aver subito violenza, ma senza riconoscerne il tipo. Per quanto riguarda l’autore della violenza, nella metà dei casi (50,8%), è vicina alle vittime, è un conoscente (15,7%), uno sconosciuto (13,2%), un collega (11,8%) o una persona che si occupa della donna con disabilità o in ambito sanitario o sociale (8,6%). Un dato interessante è che sono donne e uomini gli autori della violenza (45 e 47%) e dimostra che esiste una differenza fra persone abili e disabili e una cosiddetta violenza abilista nei confronti delle persone con disabilità, un tipo di violenza ancora più difficilmente riconoscibile e dimostrabile. Nell’87% dei casi, l’autore della violenza è una persona nota alla vittima, nella metà dei casi è un partner, un amico o un membro della famiglia. Questi dati vanno di pari passo con quelli relativi ai luoghi dove avvengono le violenze. L’abitazione delle vittime è dove si registrano più casi di violenza, seguito dal lavoro e “via etere” (25,2%, 17,6% e 11,7%). Uno dei dati più interessanti riguarda proprio il fatto che l’ufficio sia diventato un luogo dove si può subire la violenza. Oggi può avvenire anche sui social network o attraverso gli schermi degli smartphone, e lo spazio virtuale è il terzo posto dove si registrano episodi di violenza. Lo studio riporta anche dei dati relativi alla violenza assistita, gli atti di violenza verso le madri ai quali assistono i minori. Questo è un fattore di rischio sia per l’area psico-fisica che per quella relazionale. Chi è esposto a questo genere di violenza ha la tendenza a interpretare questi gesti e i piccoli possono interiorizzare l’idea che l’uso della violenza sia normale nelle relazioni affettive. Un circolo vizioso che ripete comportamenti distruttivi e nocivi da una generazione all’altra. Delle 22,8% donne con disabilità che hanno subito violenza, il 7,6% dei loro figli ha assistito e più del 10% l’ha anche subita. Preoccupa il dato relativo alle ragazze che hanno subito abusi sessuali prima dei 16 anni (22,2%) perché è molto probabile che gli episodi saranno reiterati anche una volta adulte. Uno dei fattori di rischio maggiori per queste donne vittime di violenza è rappresentato dalla loro disabilità. Chi è donna e ha disabilità subisce una doppia discriminazione: come donna e come disabile. Da donna vive la mancanza di pari opportunità, come disabile vive la mancanza di partecipazione alla vita sociale e vive, dunque, un abuso doppio ed è esposta a un doppio rischio. È chiaro per le donne che hanno compilato il questionario: il 35,8% di loro ha evidenziato di vivere questa doppia discriminazione, mentre il 33% pensa che il fattore di rischio sia legato all’appartenenza al genere femminile, solo l’11,4% lo lega alla condizione di disabilità e il restante 20% non ha risposto alla domanda. La dimensione sessuale per molte donne con disabilità è ancora un tabù e molte sono viste come asessuate da un’elevata fetta di società, quindi colpisce positivamente il dato che vede come molte di loro percepiscano di aver subito l’abuso in quanto donna e non in quanto disabile. La disabilità può comunque rappresentare un fattore di rischio quando è plurima: se sono presenti cioè più limitazioni, in questo caso il report dimostra che il 77% di donne con più forme di disabilità sono più esposte al rischio di una violenza rispetto al 61% delle donne con un’unica forma di disabilità. Un altro fattore di rischio è la disabilità psichiatrica: l’88% di queste donne ha subito una forma di violenza contro il 60% delle vittime che non ha questa limitazione. Non solo, nel caso della violenza reiterata, il secondo report di VERA ha dimostrato come ci sono delle ripercussioni sulla salute emotiva e psichica della vittima. La penultima sessione del report riguarda la reazione alla violenza. Sono in aumento le donne che hanno reagito all’abuso (46,5%) e hanno fermato l’aggressore (32,3%), preso le distanze (19,1%), si sono confidate e lasciato il luogo dove si perpetuavano le violenze (8,2%). Le donne disabili vittime di violenze denunciano l’abuso agli operatori sociali o alle forze dell’ordine. Si è analizzato anche il motivo che spinge certe donne a non denunciare: il 49% ha ammesso di essere state bloccate dalla paura, dalla giovanissima età (14,6%), dal loro carattere debole (11,5%) o dall’impossibilità di denunciare (7,3%). Il 7,3% non riconosce l’abuso e altre non reagiscono per dignità (3,1%). Secondo il 34,5% delle donne che hanno compilato il questionario il miglior modo per uscire da queste forme di violenza è fare affidamento ai Centri Antiviolenza o ad altri servizi ad hoc e anzi c’è una richiesta di aprire più realtà simili. Anche una rete di familiari o di amici può aiutare a lasciarsi alle spalle gli episodi di violenza (17,3%) mentre una percentuale minore (16,8%) pensa che è opportuno avere un appoggio psicologico. Il 14,7% pensa che sia necessario cambiare il modello culturale per far sì che episodi di violenza come quelli che hanno subito non si ripetano più. Per altre la liberazione passa invece attraverso l’autonomia (il 9,6%). Chiara Laganà Fonte: FISH Contatta l'esperto CONTATTA L'ESPERTO Ricevi le risposte ai tuoi quesiti Iscriviti alla newsletter ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER Ricevi gli aggiornamenti TOP 5 CONDIVISI Aggiornamento guida alle agevolazioni fiscali per le persone con disabilita: Maggio 2021 Assegno unico per figli disabili in arrivo, come funziona Il diritto all’accompagno deve essere garantito anche nel caso di patologia gravissima Documentazione semplificata per l’Iva agevolata per l’acquisto di ausili tecnici e informatici Aggiornata la procedura di invalidità civile in convenzione Fondazione Cesare Serono Le informazioni medico scientifiche contenute nel sito sono destinate ad incoraggiare, sviluppare e non sostituire le relazioni esistenti tra medico e paziente. Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Roma (Autorizzazione n.279 del 31 dicembre 2014). Direttore Responsabile: Simon Basten | Copyright ©2021 Fondazione Cesare Serono Privacy & Cookie Policy | Contatti Facebook Twitter YouTube Grazie a Merck Serono S.p.A. Merck Privacy Overview This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the ... Necessary Sempre abilitato Non-Necessary :)

Disabilità e Diritti: l'informazione è salute.

La Fondazione Cesare Serono ha fatto della "Centralità della persona" il suo focus principale e tanto più le persone sono "fragili e vulnerabili" tanto più devono essere al centro dell'attenzione. In altri termini, la Fondazione si adopera perché le persone siano sempre più protagoniste e partecipino attivamente ai processi di salute che le riguardano. Perché questo si realizzi è necessario che le persone siano correttamente informate e coscienti dei loro diritti. Potrebbe interessarti anche… DISABILITA’ E DIRITTI: Quali sono e come esigerli La Fondazione Cesare Serono ha fatto della “Centralità della persona” il suo focus principale e tanto più le persone sono… Programma d’azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità L’Italia ha adottato il secondo Programma d’azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità…. Diritti costituzionali La Costituzione Italiana sancisce alcuni principi che sono il cardine di tutto l’impianto legislativo ed è proprio da questi principi… Da queste premesse nasce la sezione Disabilità, Diritti e Normativa. Pensiamo di fare cosa utile sintetizzando una materia complessa come il quadro normativo riguardante le persone disabili e/o portatrici di handicap e, nei limiti del possibile, tradurla in linguaggio semplice per fornire una sorta di manuale che permetta di sapere cosa sia dovuto e come fare per ottenerlo. Non abbiamo la pretesa di coprire a 360 gradi il tema, ma se saremo in grado di essere di qualche aiuto avremo raggiunto il nostro scopo. In questa sezione troverete Diritti Costituzionali Handicap ed accertamento dell’handicap Invalidi civili: Definizione, come si richiede il riconoscimento ed i benefici Legge 104: Uno strumento di facile comprensione e utilizzazione che permetta a chi ne fosse interessato di avere una chiara visione dei diritti dei disabili sanciti dalla legge in questione Il secondo Programma d’azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità: Il programma che il governo si propone di portare avanti per le persone con disabilità. Laddove una persona fosse riconosciuta essere portatore d'handicap la citata legge quadro 104/92 ne tutela i diritti nelle seguenti aree: Area sanità : Sono indicate le agevolazioni e le prestazioni possibili per la cura e la riabilitazione medica della disabilità ed il Consenso Informato. A questo link trovate anche indicazioni per quanto riguarda le esenzioni ed a questo su come ottenere il bonus elettrico. Area lavoro: Normative inerenti gli inserimenti lavorativi delle persone disabili presso enti pubblici, aziende, cooperative private. Legge 104: Permessi lavorativi: Chi, cosa, quando e come. Istruzione: Normative per garantire il diritto allo studio delle persone disabili. Barriere Architettoniche: Un problema, non solo per i disabili, ma anche per i bambini, gli anziani, i cardiopatici. Mobilità: Agevolazioni per permettere al disabile di muoversi con mezzi pubblici o propri. Area tecnologica: Opportunità per l'utilizzo di sussidi tecnico informatici nella propria vita e nel lavoro. Cittadinanza: Garanzie offerte al disabile in occasione del voto e per l'abbattimento delle barriere architettoniche. Area previdenza: Agevolazioni e contributi finanziari di cui può beneficiare il disabile. Inoltre si può consultare anche la sezione sull'ISEE. Reddito di Cittadinanza La Fondazione Cesare Serono (FCS) mette a vostra disposizione anche il servizio "Chiedi al Consulente di Disabilità", frutto di un accordo tra la FCS e la Cooperativa Sociale Meta onlus. Laddove dalla lettura di quanto da noi pubblicato vi nascesse un dubbio o sentiste il bisogno di un chiarimento, non esitate a inviarci quanto vi serve. Il servizio è disponibile a questo link. Disabilità, Diritti e Normativa Diritti Costituzionali Legge 104 Invalidi civili Legge 104: Permessi lavorativi Programma d’azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità Disabili e Sanità Disabili e Lavoro Disabili e Istruzione Disabili e Barriere Architettoniche Disabili e Tecnologia Disabili e Cittadinanza Tabella Riassuntiva Agevolazioni Contatta l'esperto CONTATTA L'ESPERTO Ricevi le risposte ai tuoi quesiti Iscriviti alla newsletter ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER Ricevi gli aggiornamenti Fondazione Cesare Serono Le informazioni medico scientifiche contenute nel sito sono destinate ad incoraggiare, sviluppare e non sostituire le relazioni esistenti tra medico e paziente. Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Roma (Autorizzazione n.279 del 31 dicembre 2014). Direttore Responsabile: Simon Basten | Copyright ©2021 Fondazione Cesare Serono Privacy & Cookie Policy | Contatti Facebook Twitter YouTube Grazie a Merck Serono S.p.A. 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Donne con disabilità: la prima opportunità di essere riconosciute come Persone

Donne con disabilità: la prima opportunità di essere riconosciute come persone di Luisella Bosisio Fazzi * «Se la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità rappresenta un traguardo storico per il movimento delle persone con disabilità di tutto il mondo – scrive Luisella Bosisio Fazzi – nel riconoscimento dei loro diritti umani, per le donne con disabilità ha rappresentato la prima opportunità di essere riconosciute come persone, fissando il punto di partenza per la rimozione delle discriminazioni multiple che esse affrontano nella loro vita quotidiana e in ogni àmbito». Una donna con disabilità motoria mentre ride divertita. Una donna con disabilità motoria mentre ride divertita. La storia della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità inizia nel mese di luglio del 2002 con il Primo Meeting dell’Ad Hoc Committee (“Comitato ad hoc”), organismo aperto a tutti gli Stati Membri delle Nazioni Unite e costituito appunto per redigere quel Trattato. A presiederlo vi era Luis Gallego, ambasciatore dell’Ecuador, vicepresidenti gli Ambasciatori di Sudafrica, Filippine, Svezia e Repubblica Ceca. Il percorso iniziò male perché fu chiaro sin dal primo giorno del meeting che non c’era un accordo sulla necessità di una nuova Convenzione. Fu solo nel 2004, durante il Terzo Meeting, che gli Stati Membri e le Organizzazioni delle Persone con Disabilità si sedettero allo stesso tavolo per negoziare il testo della Convenzione. Fu sempre nel corso di quel Terzo Meeting che la Corea del Sud propose di inserire una disposizione sulle donne con disabilità. Prima di allora, infatti, il pensiero comune riteneva che la CEDAW (Convenzione ONU sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna) fosse sufficiente a proteggere le donne e le minori con disabilità. Leggendo dunque il contenuto dell’articolo 6 della Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità, e in particolare il paragrafo 2, possiamo dire che si tratta di una norma dedicata solo alle donne e che chiede agli Stati di garantire lo sviluppo dell’autonomia e dell’indipendenza delle donne, per metterle in grado di esercitare in modo consapevole i loro diritti e le libertà fondamentali contenute nel Trattato. Possiamo quindi affermare che se la Convenzione rappresenta un traguardo storico per il movimento delle persone con disabilità di tutto il mondo nel riconoscimento dei loro diritti umani, per le donne con disabilità rappresenta la prima opportunità di essere riconosciute come persone. Dobbiamo poi tenere conto del fatto che le diverse culture e società da cui provenivano i rappresentati dei Governi e delle organizzazioni che hanno elaborato e approvato in seguito la Convenzione non hanno reso agevole il lavoro delle donne con disabilità coinvolte in tutto il processo. Alla fine, però, ce l’hanno fatta e per la prima volta non c’è solo un articolo specifico sulle donne e le ragazze con disabilità, ma la questione di genere viene sottolineata ed evidenziata negli articoli più significativi dell’intero Trattato [li si legga in calce**, N.d.R.]. La Convenzione ONU, pertanto, può essere riconosciuta come un punto d’arrivo del lungo processo di riconoscimento della condizione di disabilità come elemento di tipo sociale e di diritto umano. Ma anche come il punto di partenza di un processo di rimozione delle discriminazioni contro le persone con disabilità e delle discriminazioni multiple che le donne e le minori (bambine ed adolescenti) con disabilità affrontano nella loro vita quotidiana e in ogni àmbito. * Presidente di FONOS (Fondazione Orizzonti Sereni), componente del FID (Forum Italiano sulla Disabilità), consigliera della LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità, componente lombarda della FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), membro del Gruppo di Lavoro che ha redatto il Rapporto Alternativo sull’Italia presentato al Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. ** Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità Articolo 6 – Donne con disabilità 1. Gli Stati Parti riconoscono che le donne e le minori con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple e, a questo riguardo, adottano misure per garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle donne e delle minori con disabilità. 2. Gli Stati Parti adottano ogni misura idonea ad assicurare il pieno sviluppo, progresso ed emancipazione delle donne, allo scopo di garantire loro l’esercizio ed il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali enunciati nella presente Convenzione. Una donna cieca esplora con le mani un bassorilievo. Una donna cieca esplora con le mani un bassorilievo. Preambolo […] q) Riconoscendo che le donne e le minori con disabilità corrono spesso maggiori rischi nell’ambiente domestico ed all’esterno, di violenze, lesioni e abusi, di abbandono o mancanza di cure, maltrattamento e sfruttamento. […] s) Sottolineando la necessità di incorporare la prospettiva di genere in tutti gli sforzi tesi a promuovere il pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità. Articolo 3 – Principi generali I principi della presente Convenzione sono: (a) il rispetto per la dignità intrinseca, l’autonomia individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte, e l’indipendenza delle persone; (b) la non discriminazione; (c) la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società; (d) il rispetto per la differenza e l’accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell’umanità stessa; (e) la parità di opportunità; (f) l’accessibilità; (g) la parità tra uomini e donne; (h) il rispetto dello sviluppo delle capacità dei minori con disabilità e il rispetto del diritto dei minori con disabilità a preservare la propria identità. Articolo 8 – Accrescimento della consapevolezza 1. Gli Stati Parti si impegnano ad adottare misure immediate, efficaci ed adeguate allo scopo di: (a) sensibilizzare la società nel suo insieme, anche a livello familiare, sulla situazione delle persone con disabilità e accrescere il rispetto per i diritti e la dignità delle persone con disabilità; (b) combattere gli stereotipi, i pregiudizi e le pratiche dannose concernenti le persone con disabilità, compresi quelli fondati sul sesso e l’età, in tutti gli ambiti; (c) promuovere la consapevolezza delle capacità e i contributi delle persone con disabilità. 2. Nell’ambito delle misure che adottano a tal fine, gli Stati Parti: (a) avviano e conducono efficaci campagne di sensibilizzazione del pubblico al fine di: (i) favorire un atteggiamento recettivo verso i diritti delle persone con disabilità; (ii) promuovere una percezione positiva ed una maggiore consapevolezza sociale nei confronti delle persone con disabilità; (iii) promuovere il riconoscimento delle capacità, dei meriti e delle attitudini delle persone con disabilità, del loro contributo nell’ambiente lavorativo e sul mercato del lavoro; (b) promuovono a tutti i livelli del sistema educativo, includendo specialmente tutti i minori, sin dalla più tenera età, un atteggiamento di rispetto per i diritti delle persone con disabilità; (c) incoraggiano tutti i mezzi di comunicazione a rappresentare le persone con disabilità in modo conforme agli obiettivi della presente Convenzione; (d) promuovono programmi di formazione per accrescere la consapevolezza riguardo alle persone con disabilità e ai diritti delle persone con disabilità. Articolo 16 – Diritto di non essere sottoposto a sfruttamento, violenza e maltrattamenti 1. Gli Stati Parti adottano tutte le misure legislative, amministrative, sociali, educative e di altra natura adeguate a proteggere le persone con disabilità, all’interno e all’esterno della loro dimora, contro ogni forma di sfruttamento, di violenza e di abuso, compresi gli aspetti di genere. 2. Gli Stati Parti adottano altresì tutte le misure adeguate ad impedire ogni forma di sfruttamento, di violenza e di maltrattamento, assicurando, segnatamente alle persone con disabilità, alle loro famiglie ed a coloro che se ne prendono cura, appropriate forme di assistenza e sostegno adatte al genere ed all’età, anche mettendo a disposizione informazioni e servizi educativi sulle modalità per evitare, riconoscere e denunciare casi di sfruttamento, violenza e abuso. Gli Stati Parti assicurano che i servizi di protezione tengano conto dell’età, del genere e della disabilità. 3. Allo scopo di prevenire il verificarsi di ogni forma di sfruttamento, violenza e abuso, gli Stati Parti assicurano che tutte le strutture e i programmi destinati alle persone con disabilità siano effettivamente controllati da autorità indipendenti. 4. Gli Stati Parti adottano tutte le misure adeguate per facilitare il recupero fisico, cognitivo e psicologico, la riabilitazione e la reintegrazione sociale delle persone con disabilità vittime di qualsiasi forma di sfruttamento, violenza o maltrattamento, in particolare prevedendo servizi di protezione. Il recupero e la reintegrazione devono aver luogo in un ambiente che promuova la salute, il benessere, l’autostima, la dignità e l’autonomia della persona e che prenda in considerazione le esigenze specifiche legate al genere ed all’età. 5. Gli Stati Parti devono adottare una legislazione e delle politiche efficaci, ivi comprese una legislazione e delle politiche specifiche per le donne ed i minori, per garantire che i casi di sfruttamento, di violenza e di abuso contro persone con disabilità siano identificati, indagati e, ove del caso, perseguiti. Articolo 28 – Adeguati livelli di vita e protezione sociale 1. Gli Stati Parti riconoscono il diritto ad un livello di vita adeguato alle persone con disabilità ed alle loro famiglie, incluse adeguate condizioni di alimentazione, abbigliamento e alloggio, ed al miglioramento continuo delle loro condizioni di vita, e adottano misure adeguate per proteggere e promuovere l’esercizio di questo diritto senza alcuna discriminazione fondata sulla disabilità. 2. Gli Stati Parti riconoscono il diritto delle persone con disabilità alla protezione sociale ed al godimento di questo diritto senza alcuna discriminazione fondata sulla disabilità, e adottano misure adeguate a tutelare e promuovere l’esercizio di questo diritto, ivi incluse misure per: (a) garantire alle persone con disabilità parità di accesso ai servizi di acqua salubre, ed assicurare loro l’accesso a servizi, attrezzature e altri tipi di assistenza per i bisogni derivanti dalla disabilità, che siano appropriati ed a costi accessibili; (b) garantire l’accesso delle persone con disabilità, in particolare delle donne e delle minori con disabilità nonché delle persone anziane con disabilità, ai programmi di protezione sociale ed a quelli di riduzione della povertà; (c) garantire alle persone con disabilità e alle loro famiglie, che vivono in situazioni di povertà, l’accesso all’aiuto pubblico per sostenere le spese collegate alle disabilità, includendo una formazione adeguata, forme di sostegno ed orientamento, aiuto economico o forme di presa in carico; (d) garantire l’accesso delle persone con disabilità ai programmi di alloggio sociale; (e) garantire alle persone con disabilità pari accesso ai programmi ed ai trattamenti pensionistici. Nota: Il presente testo è già stato pubblicato su Superando.it, il portale promosso dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), e viene qui ripreso, con lievi adattamenti al diverso contesto, per gentile concessione. Vedi anche: Donne con disabilità: quadro teorico di riferimento Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”. Ultimo aggiornamento: 9 maggio 2019 Ultimo aggiornamento il 9 Maggio 2019 da simona Navigazione articoli PRECEDENTE Articolo precedente:Prospettive, una nuova associazione a Pontedera SUCCESSIVO Articolo successivo:La doppia discriminazione delle donne con disabilità IN EVIDENZA Violenza sessuale sulle donne con disabilità, dall’India una sentenza destinata a fare scuola Pubblicato il 4 Giugno 2021 da simona IL NOSTRO RIFERIMENTO Convenzione ONU sui diritti delle persone con Disabilità AREE TEMATICHE Politiche per la disabilità Disabilità: dati e statistiche Diritti di cittadinanza Mobilità, ausili e autonomia Vita indipendente e non autosufficienza Durante e dopo di noi Donne con disabilità Lavoro di cura Progettazione inclusiva Lavoro Studio Tutela giuridica Informazione, formazione e comunicazione Salute Società Sport e tempo libero Opinioni Copyright © 2021 Informare un'H

Violenza sulle Donne con disabilità. Presentata in Senato una Memoria per contrastarla.

Il 10 giugno 2021 la Federazione Italiana Superamento Handicap (FISH) è stata ricevuta in audizione al Senato presso la “Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere”. Per l’occasione la Federazione era rappresentata da Silvia Cutrera, vicepresidente dell’organizzazione e responsabile del Gruppo Donne della stessa. L’incontro si è focalizzato sulla Memoria redatta dalla Federazione “sui problemi delle donne con disabilità che hanno subito violenza in relazione ai percorsi di assistenza sanitaria e ospedaliera e sul tema delle multidiscriminazioni nei riguardi delle donne con disabilità”. Si tratta di un testo rilevante sia sotto il profilo politico che sotto quello programmatico. Sotto il profilo politico il primo elemento che cattura l’attenzione si trova già nella denominazione* della Memoria stessa, infatti da questa si evince che la FISH ha ricevuto un “invito a relazionare” sui temi sopracitati. Non è per niente banale né scontato che le Istituzioni si ricordino di chiedere il parere degli enti di rappresentanza delle persone con disabilità su questioni – come quelle del genere, della violenza, e dell’accesso ai servizi sanitari – che fino ad oggi non sono state affrontate in prospettiva intersezionale, quell’approccio che considera simultaneamente la compresenza nella stessa persona di più caratteristiche suscettibili di causare discriminazione (nel caso specifico l’essere donna e simultaneamente persona con disabilità). Il documento si articola in quatto sezioni: rendere visibili le donne con disabilità; la violenza nei confronti delle donne con disabilità; donne con disabilità e Covid-19; e proposte. La prima sezione – rendere visibili le donne con disabilità – fa una ricognizione molto dettagliata dei principali riferimenti alle donne con disabilità contenuti in testi giuridici, come la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (ratificata con la Legge n. 18 del 2009), e in altri documenti di grande rilevanza per definire il quadro teorico di riferimento, come le Osservazioni conclusive al Primo rapporto dell’Italia sull’applicazione della Convenzione elaborate dal Comitato ONU sui diritti delle persone con disabilità nel 2016, il Commento Generale n. 3 in tema di donne con disabilità, redatto dallo stesso Comitato sempre nel 2016, il Secondo Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea approvato dal Forum Europeo sulla Disabilità (EDF) nel 2011 su proposta Comitato delle Donne del Forum stesso, e la Risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione delle donne con disabilità del 29 novembre 2018. Anche la parte sulla violenza nei confronti delle donne con disabilità è scritta con molta cura. Ci sono i riferimenti ai pochi dati Istat del 2014 dai quali risulta che le donne con disabilità sono esposte a violenza più delle altre donne. Sono ripresi i dati raccolti dalla stessa FISH nelle due edizioni dell’indagine specificamente rivolta alle donne con disabilità vittime di violenza: VERA, del 2018-2019, e VERA 2 del 2020 (Violence Emergence, Recognition and Awareness, ovvero: “Emersione, riconoscimento e consapevolezza della violenza”), la prima realizzata in collaborazione con Differenza Donna, la seconda curata interamente dalla FISH. Dati che, sebbene raccolti con un campione non probabilistico, e dunque non riferibili all’intera popolazione delle donne con disabilità, fanno ben comprendere quanto possa essere ampio ed ancora sommerso il fenomeno violenza nei confronti delle donne con disabilità. Sono inoltre evidenziate le difficoltà di queste ultime ad accedere ai servizi della rete antiviolenza (ai Centri Antiviolenza, ma anche alle informazioni sugli stessi servizi) e alla giustizia. Sono citate le quattro mozioni sul tema della violenza e multidiscriminazione delle donne con disabilità approvate dalla Camera nell’ottobre del 2019, sebbene queste non siano giuridicamente vincolanti quanto le Leggi. È ricordato l’obiettivo di sviluppo sostenibile n. 5 dell’Agenda 2030 in tema di uguaglianza di genere, ed anche l’indice di uguaglianza EIGE 2020 (European Institute for Gender Equality) che evidenzia le aree nelle quali le donne risultano più svantaggiate (il lavoro, l’istruzione, l’iniqua spartizione dei lavori di cura). È richiamata la prospettiva intersezionale promossa dalla Strategia Europea per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030 che mette in evidenza le barriere specifiche incontrate dalle persone con disabilità che si trovano in una situazione di intersezione con altre identità (di genere, razziale, etnica, sessuale, religiosa), in una situazione socioeconomica difficile o in altre situazioni di vulnerabilità. Sono riprese tutte le raccomandazioni relative alle donne con disabilità vittime di violenza espresse dal GREVIO, il Gruppo di esperti/e indipendenti, responsabile del monitoraggio dell’attuazione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul del 2011), nel suo rapporto di valutazione sulle misure messe in atto dall’Italia per attuare la Convenzione in questione, rapporto pubblicato a gennaio 2020 (si veda, a tal proposito, il seguente approfondimento). La sezione in tema di donne con disabilità e Covid-19 riprende i dati pubblicati dall’Istat nell’ambito dello studio “Le richieste di aiuto durante la pandemia”, che mostrano come nel 2020, durante la pandemia, le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, siano aumentate del 79,5% rispetto al 2019, sia per telefono, sia via chat (+71%). La pandemia ha avuto, tra gli altri, anche un altro drammatico effetto: «ha ulteriormente penalizzato l’accesso delle donne con disabilità ai servizi di salute sessuale e riproduttiva. Anche l’accesso agli screening di prevenzione non è stato possibile: durante la pandemia le donne con disabilità hanno vissuto una condizione di totale abbandono e violazione dei loro diritti alla salute», si legge nella Memoria (grassetti nostri nella citazione). In questa parte sono opportunamente riferiti alcuni gravi episodi di violenza ai danni di donne con disabilità accaduti durante quest’ultimo anno caratterizzato dalla pandemia da Covid-19. C’è infine la sezione proposte per il contrasto alla violenza di genere e alle discriminazioni nei confronti delle donne con disabilità con la quale la FISH ha voluto tracciare delle linee programmatiche. Ecco, dunque le proposte: «Promuovere strumenti e procedure di rilevamento e valutazione della diffusione, della gravità e delle conseguenze del fenomeno della discriminazione multipla ai danni delle ragazze e delle donne con disabilità, nonché dell’efficacia degli strumenti di prevenzione e di contrasto messi in campo dalle istituzioni. Integrare le politiche di genere con quelle della disabilità in tutte le ricerche, le serie statistiche e le indagini esistenti. Realizzare ricerche volte a definire e misurare la mancanza di rispetto e l’abuso nelle strutture socio-sanitarie (ospedali, RSA [residenze sanitarie assistite, N.d.R.], etc.) private e pubbliche per comprendere meglio il loro impatto sulla salute e sulle scelte delle donne con disabilità. Promuovere un’analisi nazionale della situazione delle donne con disabilità – anche rispetto all’impatto che ha avuto sulle stesse la pandemia da Covid-19. Assicurare che, nell’ambito della attuazione del «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne», siano costantemente individuate azioni idonee a rispondere alle peculiari problematiche che devono affrontare le ragazze e le donne con disabilità vittime di violenza non soltanto nella fase della denuncia, ma anche nel successivo percorso di assistenza, di cura e di individuazione di percorsi per l’uscita dalla violenza. Assicurare lo stanziamento di risorse economiche pubbliche per rendere accessibili i centri antiviolenza e garantire la continuità del servizio attraverso contratti di lavoro stabili. Promuovere l’introduzione di legislazioni e politiche efficaci, che includano una specifica attenzione alle donne con disabilità e alle discriminazioni intersezionali introducendo specifiche misure di tutela e politiche in loro favore. Formulare leggi e previsioni procedurali nei sistemi giuridici che garantiscano alle donne con disabilità di ottenere giustizia in tribunale, in considerazione del fatto che il sistema tende generalmente a sottovalutare le loro testimonianze, in special modo quando la donna che denuncia ha una disabilità intellettiva o psicosociale oppure è sordo-cieca. Promuovere percorsi di formazione per il personale della giustizia, dei centri anti-violenza, dei servizi di emergenza ed in generale degli operatori che lavorano con le donne e le persone con disabilità affinché siano in grado di riconoscere ed identificare l’abuso come violento ed associato alla disabilità. Garantire, in modo più efficace, che tutte le ragazze e le donne con disabilità siano sempre poste nelle condizioni di ricevere ogni informazione per sporgere denuncia e adire la tutela giudiziaria nel caso siano vittime di violenza o discriminazione, dando piena attuazione, in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, a quanto previsto dalle «Linee guida nazionali per le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza» e continuando a promuovere, inoltre, monitorando le iniziative di formazione specifica e di aggiornamento del personale chiamato ad interagire, a vario titolo, con le vittime di discriminazione che hanno disabilità. Tutelare la dignità e la libertà di scelta e di autodeterminazione delle donne e delle ragazze con disabilità, garantendo loro pieno accesso alle cure mediche, anche con riferimento all’ambito ginecologico, della salute sessuale e riproduttiva. Tutelare il diritto all’autodeterminazione delle donne con disabilità anche sotto il profilo dell’espressione della propria sfera affettiva e sessuale, avendo particolare attenzione alle esigenze delle donne con disabilità intellettive, cognitive e comportamentali, assicurando il supporto di personale professionalmente formato operante nelle diverse tipologie dei servizi sanitari, sociosanitari e sociali. Prevedere politiche di promozione a sostegno della genitorialità delle donne con disabilità e programmi di intervento che superino l’approccio esclusivamente medico, ma che invece si basino sul modello bio-psico-sociale, che tengano conto del diverso funzionamento delle donne con disabilità e delle barriere fisiche, psichiche, ambientali e culturali che limitano di fatto l’assunzione di ruolo. In conclusione: assicurare che la prospettiva di genere sia esplicitamente adottata nello sviluppo e nella realizzazione di leggi, azioni e programmi relativi alla disabilità e inserire esplicitamente i riferimenti dei problemi specifici delle donne con disabilità nelle misure adottate nell’ambito delle politiche e delle azioni a favore delle donne.» Insomma, un gran bel programma. Ora non resta che attendere per scoprire se le Istituzioni, così apprezzabilmente sollecite nel prendere l’iniziativa di coinvolgere gli enti di rappresentanza delle persone con disabilità sui temi della violenza e delle discriminazioni di genere, lo saranno altrettanto nell’accogliere le proposte che da questi sono state avanzate. (Simona Lancioni) * Federazione Italiana Superamento Handicap, Memoria di FISH [predisposta per l’]Audizione informale in sede Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio con invito a relazionare “sui problemi delle donne con disabilità che hanno subito violenza in relazione ai percorsi di assistenza sanitaria e ospedaliera e sul tema delle multidiscriminazioni nei riguardi delle donne con disabilità”, presentata alla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere presso il Senato della Repubblica, 10 giugno 2021. Vedi anche: FISH – Federazione Italiana Superamento Handicap. Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità: quadro teorico di riferimento”. Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità: diritti sessuali e riproduttivi”. Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “La violenza nei confronti delle donne con disabilità”. Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”. Data di creazione: 12 Giugno 2021 Ultimo aggiornamento il 14 Giugno 2021 da simona Navigazione articoli PRECEDENTE Articolo precedente:Accessibilità dei musei alle persone con autismo, un bel progetto a Paestum SUCCESSIVO Articolo successivo:Dare forma ai sogni attraverso percorsi di autonomia lavorativa IN EVIDENZA Violenza sessuale sulle donne con disabilità, dall’India una sentenza destinata a fare scuola Pubblicato il 4 Giugno 2021 da simona IL NOSTRO RIFERIMENTO Convenzione ONU sui diritti delle persone con Disabilità AREE TEMATICHE Politiche per la disabilità Disabilità: dati e statistiche Diritti di cittadinanza Mobilità, ausili e autonomia Vita indipendente e non autosufficienza Durante e dopo di noi Donne con disabilità Lavoro di cura Progettazione inclusiva Lavoro Studio Tutela giuridica Informazione, formazione e comunicazione Salute Società Sport e tempo libero Opinioni Copyright © 2021 Informare un'H

domenica 13 giugno 2021

Progetto di Vita. Probabilmente il 1' in Calabria

Parla la mamma di Maria Pia: "Ho creato questo Blog personale dopo la vittoria della costruzione di un Progetto di Vita per la mia piccola Maria Pia, molto probabilmente il primo in Calabria. Progetto che può essere richiesto da 0 a 99 anni da persone con gravissime disabilità. Il progetto prevede che diverse istituzioni costruiscono un percorso inclusivo per la persona con disabilità portando anche un sollievo per i Cargiver. La domanda si presenta al proprio comune di residenza. Mi rendo disponibile a sostenere e ad aiutare le famiglie che vogliono intraprendere questo percorso. Perché la disabilità è una condizione che va tutelata e non deve precludere una vita dignitosa".

Dopo di Noi Forlì. Struttura residenziale completata grazie anche alle donazioni.

Grazie al Il Resto Del Carlino - Forlì che oggi ha dedicato un articolo sull'arrivo degli ospiti a San Leonardo. Un grazie anche a Sofia Nardi, che ha saputo cogliere il senso di comunità che San Leonardo rappresenta con i suoi tanti sostenitori. 👍 Possiamo fare ancora tanto scegliendo il codice fiscale 01870050406 nella casella del #5x1000

giovedì 10 giugno 2021

La grande vittoria di una Mamma

Caregivers. Tengono in piedi il mondo senza fare rumore.

Il mondo è tenuto in piedi da quella parte di umanità che non fa rumore, ma lavora sodo, ama, solidarizza con i più deboli, rispetta l'ambiente e tutti gli esseri viventi. Persone che fanno sempre la loro parte, che non urla e non dà sempre la colpa agli altri. Persone generose, umili, che vivono, lavorano e fanno del bene con discrezione, che amano la vita. Nonostante tutto. Persone che già oggi rendono migliore il mondo. E che non smettono di sognare un mondo migliore per tutti. Persone... che sono una luce nella notte. Agostino Degas

Leucemia nei bambini. I primi 3 curati grazie al progetto Car - T Italia al Bambin Gesù

Sono stati trattati con successo i primi tre bambini sottoposti in Italia alla terapia con cellule Car-T ottenute a fresco, grazie a una innovativa produzione automatizzata. I tre piccoli pazienti erano affetti da un particolare tipo di leucemia – la leucemia linfoide acuta a precursori B-cellulari (Lla-Bcp) – dimostratasi refrattaria a tutte le terapie convenzionali. Lo annuncia il ministero della Salute in una nota. Già due settimane dopo l’infusione, nei tre bambini è stata accertata la remissione completa della malattia. Per loro i trattamenti convenzionali non avevano sortito i risultati attesi. Su uno dei tre bambini aveva addirittura fallito anche una procedura di trapianto di cellule staminali emopoietiche allogeniche, ricorda il ministero. I tre bambini sono stati trattati con le cellule geneticamente modificate prodotte dall’Officina farmaceutica dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma attraverso un sistema automatizzato, sviluppato nell’ambito del progetto Car-T Italia. Il progetto è stato promosso dal Parlamento, che ha destinato 10 milioni di euro al ministero della Salute, per mettere a disposizione questo nuovo approccio terapeutico sul territorio nazionale. Per tutti e tre i bambini sono ora maturati i tempi necessari alla valutazione della risposta al trattamento ed è stata documentata la remissione completa della malattia. I tre piccoli pazienti sono stati inclusi nel nuovo protocollo di trattamento sperimentale e trattati con cellule che sono state geneticamente modificate, per esprimere un recettore chiamato Car (dall’inglese Chimeric Antigen Receptor) diretto verso il bersaglio tumorale Cd19. “Il sistema automatizzato consente di produrre in sole due settimane più lotti di cellule Car-T contemporaneamente all’interno dello stesso ambiente, di ridurre il personale necessario alla manifattura, di contenere il rischio di contaminazione dei prodotti e di generare procedure altamente standardizzate e, quindi, riproducibili, limitando notevolmente i costi di produzione. Grazie alle caratteristiche di questo approccio, la terapia si rende più accessibile anche per i pazienti affetti dalle forme più aggressive di malattia”, evidenziano gli esperti. Nei tre casi è stato possibile ottenere un numero di cellule Car-T largamente superiore alla dose necessaria per la prima fase del trattamento, consentendo di congelare parte delle cellule prodotte, per gli eventuali trattamenti futuri di consolidamento. Una capacità di scorta, che dimostra la fattibilità e l’efficienza del processo produttivo – prosegue il ministero della Salute – Nei tre pazienti l’infusione del prodotto a fresco è stata ben tollerata, facendo registrare come effetto collaterale solamente febbre, dovuta al rilascio di molecole infiammatorie (le citochine) da parte delle cellule Car-T. Il successo sui tre bambini “è un risultato preliminare estremamente promettente – si sottolinea – a conferma di come la nuova piattaforma di cellule Car-T dimostri una notevole efficacia contro le forme refrattarie di Lla-Bcp, pur essendo stata testata soltanto al livello di dose più basso, come previsto dalla fase I di sperimentazione. Lo studio proseguirà con la valutazione di altri due livelli di dose e con l’attivazione della fase II, nella quale si impiegherà la dose raccomandata, identificata nella fase I”. Il Progetto di ricerca su cellule Car-T per patologie ematologiche maligne e per tumori solidi è condotto dagli Irccs della Rete alleanza contro il cancro (Acc) sulla base dell’ordine del giorno della Camera dei deputati del 30 dicembre 2019, che ha delineato il percorso attuativo per lo sviluppo di queste nuove terapie. Il progetto è finalizzato a comprendere meglio i meccanismi che regolano l’efficacia o l’eventuale tossicità associata all’impiego di questa forma innovativa d’immunoterapia, a sviluppare questo approccio terapeutico anche per pazienti affetti da neoplasie solide e ad identificare i processi produttivi capaci di rendere disponibili queste terapie per il maggior numero possibile di pazienti. (Fonte: Adnkronos)

sabato 5 giugno 2021

Legati al letto. Inchiesta

https://www.rainews.it/dl/rainews/media/spotlight-inchiesta-contenzione-meccanica-c1a00fd3-4997-471b-8d03-0ff93b76d5ee.html

Attualità della Legge 328/2000. Un'Agenda delle riforme

Attualità della 328: un’Agenda delle riforme di Livia Turco (sintesi di welforum.it) La pandemia ha messo drammaticamente in risalto la fragilità dei servizi sociali. Ci ha fatto toccare nella vita concreta delle persone quanto pesi la loro carenza, soprattutto nella vita delle persone vulnerabili. Abbiamo visto quanto questi servizi restino disomogenei sul piano nazionale. Abbiamo visto quanto le figure professionali sociali siano poco valorizzate, siano presenti in modo inadeguato rispetto alle condizioni di vita delle persone, quanto sia diffusa la loro condizione di precarietà. Insomma, la pandemia ci ha fatto constatare in modo concreto quanto sia attuale la 328/00, e quanto sia colpevole la mancata attuazione nei suoi punti fondamentali: la definizione del Piano Sociale Nazionale, dei Livelli Sociali Essenziali tesi a “promuovere le capacità delle persone di esprimere e di agire entro un sistema esigibile di diritti”; un Fondo Sociale Nazionale dotato di risorse congrue; un adeguato sistema di valutazione della qualità dei servizi erogati. La cultura della 328/000, la legge della dignità sociale, gli strumenti da essa previsti per la programmazione degli interventi, la pratica della co-progettazione, la valorizzazione del Terzo Settore, sono state ampiamente praticate dalle Regioni e dagli Enti locali, dando vita ad un welfare locale e comunitario che ha dimostrato capacità di resilienza e di innovazione. Tuttavia, esso ha sofferto della mancanza di risposte certe ed adeguate e di una programmazione nazionale attraverso lo strumento dei Lea. Questa mancata applicazione è stata la conseguenza del prevalere di una cultura dei Bonus e dei trasferimenti monetari che, inaugurata dal centrodestra, non ha avuto un adeguato contrasto da parte della sinistra. Il welfare italiano resta ancora oggi, in buona parte, il welfare della sanità e della previdenza con la mancanza del terzo pilastro che è il Welfare Sociale, il cui sviluppo era l’obiettivo della 328/2000. Dopo vent’anni resta dunque non solo l’attualità della 328/2000 ma anche la sua urgenza. Con le necessarie innovazioni. A partire da essa può essere definita un’Agenda delle riforme in 5 punti: ridefinire il ruolo del Soggetto Pubblico che deve tornare centrale per investire risorse e programmare, un Pubblico che sia Sollecitatore di Responsabilità verso l’inclusione ed il benessere sociale da parte di tutti gli attori economici e sociali e che costruisca accordi e relazioni tra i tre welfare oggi esistenti nel nostro paese: servizi sociali pubblici, welfare aziendale, Fondazioni Bancarie. Lo strumento può essere il Patto territoriale per il benessere sociale che sostituisca l’attuale Piano di Zona. Definire, a partire dalla mobilitazione e dall’ascolto dei territori, un nuovo Piano Sociale Nazionale. Definire i Livelli Sociali Essenziali a partire dalla riforma del Reddito di Cittadinanza, il potenziamento della assistenza sociale domiciliare, la costruzione di un piano per le persone non autosufficienti, l’attenzione alla personalità del minore ed alla sua famiglia, la presa in carico delle persone affette da problemi di salute mentale e di quelle coinvolte nella dipendenza dalle sostanze. Promuovere l’integrazione socio-sanitaria, con un ruolo attivo del Ministero della Salute a valorizzare l’apporto dei servizi sociali e delle professioni sociali. Promuovere la Comunità Competente per andare incontro ai soggetti più fragili, prenderli in carico, ma anche promuovere la loro partecipazione attiva alla vita della comunità. Definire AGORA’ in cui tutti i cittadini partecipano alla definizione delle politiche di cura del proprio contesto di vita e mettono a disposizione le loro competenze per realizzarle. Un’Agenda delle riforme che si collochi entro una scelta radicale a favore di una società della cura e di una economia che valorizzi i Beni Comuni, con un forte investimento del pubblico. Un Welfare delle tre G: solidarietà tra Generi, Generazioni, Genti. Una società ed un welfare che promuovano la partecipazione attiva dei cittadini per rigenerare la politica e le istituzioni.

Legge 328/2000. Storia di una riforma

Legge 328/2000 Storia di una riforma di Livia Turco (sintesi di welforum.it) Appena insediato (maggio 1996), il Governo dell’Ulivo si mise subito all’opera perché le politiche sociali erano un punto importante del nostro programma e sentivamo attorno a noi le aspettative e la disponibilità alla partecipazione attiva da parte di un mondo sociale – i Comuni, il non-profit, le professioni sociali – che aveva nel corso degli anni costruito sui territori nuove politiche sociali. Il mio compito era attingere da questa ricchezza per costruire il nuovo Welfare. In piena sintonia con il Presidente del Consiglio definimmo il Ministero non “Affari Sociali” ma “Solidarietà Sociale”: volevamo dare il messaggio che le politiche sociali non possono ridursi a risolvere le emergenze, ma devono essere considerate motore dello sviluppo e dell’occupazione, fattore di inclusione sociale e di promozione del benessere. Uno snodo importante fu l’approvazione della legge 285/1997 ”Disposizioni per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’Adolescenza”, legge d’iniziativa governativa e votata all’unanimità dal Palamento. L’obiettivo di prendere in carico l’intera personalità del minore ed il suo ambiente di vita era perseguito attraverso l’attivazione di politiche integrate nella comunità, da parte degli Enti Locali con la partecipazione attiva – fin dalla programmazione – dei diversi attori sociali. Un provvedimento legislativo che ha fatto scuola rispetto alle modalità di costruzione di una riforma e dei contenuti di un nuovo welfare. Nel frattempo, fin dall’inizio della legislatura, furono depositati alla Camera ben 15 disegni di legge sulla riforma dell’assistenza (di cui 11 del Centrosinistra), a dimostrare che il tema, ancora regolato dalla legge Crispi del 1890, era molto sentito ed aveva una sua storia di elaborazione sociale, in particolare da parte delle culture politiche che facevano riferimento all’Ulivo, quella cattolica e la sinistra (va ricordato che i primi disegni di legge organici di riforma furono presentati già nel corso della Sesta legislatura, 1972-1976). A fine maggio 1998 il governo presentò un disegno di legge con un impianto coerente, frutto di molti tavoli di concertazione. Tra i molti obiettivi vi erano la costruzione di un welfare sociale incentrato sulla promozione del benessere e delle capacità delle persone, l’introduzione del principio e della pratica della co-progettazione per la programmazione e realizzazione degli interventi attraverso i Piani di Zona, la definizione a livello nazionale dei Livelli Sociali Essenziali. Si introduceva poi un Fondo Sociale Nazionale che conteneva risorse aggiuntive e che rimodulava quelle esistenti e sparse in tanti interventi monetari categoriali. Quello delle risorse fu uno dei temi di più controversi. Per superare il conflitto tra le parti parlamentari venne proposto un emendamento alla Legge Finanziaria del 2000 che insieme alla dotazione del Fondo Sociale Nazionale (di 3 miliardi di euro) stabiliva, in parziale contraddizione, che “Le Regioni, pur rispettando le priorità e gli obblighi che l’ordinamento loro impone, avranno la possibilità di muoversi nell’ambito delle varie voci di spesa in maniera più flessibile ed agile”. Dopo l’approvazione della legge rimase poco tempo al governo, prima della scadenza elettorale, per realizzare gli atti applicativi, fondamentali per la sua attivazione ed il suo consolidamento, in particolare la definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni e dei Servizi Sociali (Leps), previsti in capo allo Stato anche nella Riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 che definì le politiche sociali come competenza regionale. Tuttavia, il successivo cambio di maggioranza politica comportò un cambiamento radicale di approccio al tema del Welfare e, ad oggi, com’è noto i Livelli Sociali Essenziali ancora mancano nel nostro ordinamento.

Dopo di Noi. Anffas di Mortara apre nuovi appartamenti per il Dopo di Noi

Fonte www.lalomellina.it - La nuova casa realizzata tra via della Mondina e via Mirabelli è stata realizzata dall’Anffas di Mortara grazie alla Fondazione “Dopo di Noi” presieduta da Roberto Mori. Quest’ultima è stata il collettore dei finanziamenti e dei fondi messi a disposizione per la costruzione dell’edificio. Dopo l’inaugurazione la casa sarà gestita dalla cooperativa sociale “Come Noi” che è il braccio operativo di tutte le attività dell’Anffas mortarese. La presidente della coop è Elisabetta Amiotti, mentre l’Anffas è presieduto da Nadia Farinelli. G La casa potrà ospitare 10 persone, ragazzi o adulti con disabilità e che potranno vivere una vita indipendente. Il progetto ha un costo superiore al milione di euro e viene inquadrato nell’ambito di un programma più esteso di coabitazione che si estende già sul territorio. Sono presenti a Parona e a Tromello in seguito a un progetto partito nel 2013 degli appartamenti in cui abitano 5 “co-residenti” per ogni casa. Inoltre a Mortara in via Mirabelli, a pochi metri dalla nuova casa appena terminata, è attivo da anni il Centro Anffas residenziale e diurno. Nella stessa area sono state realizzate delle villette in cui è operativo un “co-housing” autogestito e anche questo è utilizzato da altri dieci disabili assistiti. Quelle appena terminate sono due nuove unità abitative destinate alla coabitazione delle persone con disabilità per consentire loro di realizzare un progetto di vita adulta e indipendente dai loro genitori. Tra le due costruzioni è prevista una zona centrale dove saranno presenti degli operatori. Il progetto è il frutto di un intenso lavoro, nato dopo la costituzione di un Comitato, a cui si sono aggiunti i tecnici progettisti. Il progetto è stato voluto e seguito anche dalla Coop Come Noi. Sarà questa coop che completarà l’operazione “A casa Mia” con l’acquisto degli arredi. L’inaugurazione del nuovo centro è previsto per sabato 29 maggio. È il progetto sociale più importante nato in città negli ultimi decenni. Social Anffas SEGUI SEGUI ISCRIVITI Scegli Anffas per il tuo 5x1000! Scegli Anffas per il tuo 5x1000! Progetto Progetto "Liberi di scegliere...dove e con chi vivere" Progetto Progetto "Capacity: La Legge è Eguale per tutti" Il linguaggio facile da leggere Il linguaggio facile da leggere Hai bisogno di informazioni? Chiedi al nostro sportello S.A.I.! Hai bisogno di informazioni? Chiedi al nostro sportello S.A.I.! In calendario LUN 7 GIU 2021 I nuovi percorsi di inclusione scolastica secondo il modello dei diritti umani e convenzione ONU per gli alunni con disabilità LUN 31 MAG 2021 Presentazione del programma EDGE per aziende inclusive SAB 29 MAG 2021 Pillole Informative - "Dalla culla alla vita adulta: uno sguardo socio-normativo" Vedi tutti gli eventi Ultimi Articoli Referente Cultura Anffas: chi è la nuova figura che collabora alla costruzione di dialogo, condivisione e scambio Referente Cultura Anffas: chi è la nuova figura che collabora alla costruzione di dialogo, condivisione e scambio 25/05/2021 18:13:55 Rendere disponibili gratuitamente gli standard europei di accessibilità Rendere disponibili gratuitamente gli standard europei di accessibilità 25/05/2021 16:42:01 Il disastroso impatto globale della pandemia sull'istruzione Il disastroso impatto globale della pandemia sull'istruzione 25/05/2021 16:41:58 Visite nelle strutture residenziali: il tampone è gratis Visite nelle strutture residenziali: il tampone è gratis 25/05/2021 16:41:56 Nuove regole per l’IVA agevolata sui sussidi tecnici e informatici Nuove regole per l’IVA agevolata sui sussidi tecnici e informatici 25/05/2021 16:41:51 Nome e Cognome Indirizzo Email DONA ORA Anffas - Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o RelazionaleAnffas Anffas - Associazione Nazionale di Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale via Casilina, 3/T - 00182 Roma tel. +39 063611524 / +39 063212391 nazionale@anffas.net Codice Fiscale: 80035790585 P.I.: 05812451002 IBAN: IT 44 L 02008 03284 000102973743 Codice Identificativo destinatario (CID): SUBM70N Home Contatti Link utili Mappa Privacy Intranet © Anffas - Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale

Toscana. Novità per i gravissimi

Toscana, nuove disposizioni per le persone con disabilità gravissime SIMONA 17 GIUGNO 2022 Nei giorni scorsi la Regione Toscana ha introd...