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domenica 20 giugno 2021
Donne con disabilità vittime di violenza. Il rapporto VERA
È stato pubblicato il secondo report VERA con i dati relativi alle donne con disabilità vittime di violenza. In un anno caratterizzato dall’aumento dei casi di violenza che hanno le donne come vittime, è lecito pensare che sia successo lo stesso alle donne con disabilità, anche se informazioni dettagliate non esistono. Le donne con disabilità sono vittime di una doppia discriminazione in quanto donne e in quanto donne con disabilità. Sarà questo l’oggetto del prossimo progetto di FISH in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
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FISH, intanto, ha pubblicato i dati della seconda edizione di VERA, Violence Emergence, Recognition and Awareness, l’indagine realizzata in collaborazione con Differenza Donna. VERA 2 cerca di far luce su un fenomeno ancora poco studiato e che resta sommerso. Il questionario è stato chiuso l’8 novembre 2020 e ha ricevuto un totale di 1041 accessi con 561 compilazioni valide, tra le quali ne sono state selezionate 486, ovvero quelle che contenevano la risposta a tutte le domande. Per alcune donne, probabilmente, la lunghezza del questionario è stato un deterrente per terminarlo.
I 486 questionari completi riguardano donne dai 18 ai 99 anni. Come per il primo questionario, anche per quest’edizione di VERA le donne intervistate sono in possesso di un titolo di studio, occupate e hanno probabilmente una maggiore consapevolezza nel riconoscere gli episodi di violenza. Il campione si evidenzia che prevalentemente l’età è compresa fra i 31 e i 60 anni e le intervistate provengono dal Nord d’Italia, più dell’80% ha un diploma o una laurea e il 37% ha un’occupazione.
Quasi la metà (45,5%) sono nubili, mentre il 37,2% è sposata o ha un partner, il 40% ha dei figli mentre un quarto ha meno di 18 anni. Il 40% vive in casa con il partner, il 36,4% con i genitori e il 3,7% in case famiglia.
La disabilità prevalente è quella motoria (70,2%), segue la sensoriale (23,8%) e quella intellettiva, relazionale o psichiatrica (14,6%). Inoltre, il 7,2% delle donne presenta disabilità multiple. Quasi la metà delle donne del campione (48,6%) presenta la forma di disabilità sin dalla nascita, per 52,9% è arrivata in età adulta. Per il 6%, invece, è stata un effetto della violenza subita.
Molte di queste donne seguono terapie farmacologiche (57,8%) o fisioterapia (42,6%), molte sono interessate a forme di autodeterminazione, mentre il 20% riceve assistenza dai servizi sociali.
Prima di analizzare i dati sul tipo di violenza subita, è opportuno condividere il tipo di violenza in analisi. Sul questionario VERA sono presi in esame quattro tipi diversi di violenza: fisica, psicologica, sessuale ed economica. Molte persone identificano la violenza solo come “sessuale”, ma gli abusi possono essere di diverso tipo e spesso si manifestano in contemporanea.
Molto spesso la violenza avviene dentro casa o all’interno di una coppia. Quella più diffusa è l’insulto, la svalutazione e l’umiliazione che il 49% delle donne intervistate ha subito almeno una volta, il 20,8%, invece, è stato vittima di violenza sessuale, il 18,3% ricattate. La violenza psicologica è la tipologia più diffusa (51,4%), messa in secondo piano rispetto a quella fisica (14,4%) o sessuale (34, 6%), l’ultima è quella economica (7,2%). Donne alle quali viene negata la possibilità di gestire il denaro e di accedere all’autodeterminazione. Nel report, inoltre, si includono anche gli episodi avvenuti via etere, la richiesta o la condivisione di foto o video in atteggiamento intimo.
La violenza psicologica resta la più difficile da riconoscere e denunciare. Un altro dato importante è quello legato alla consapevolezza della violenza subita. Delle 486 donne solo 172 riconoscono la singola forma di violenza, mentre il 25,3% non ne è ancora consapevole. Molto spesso le donne faticano a riconoscerla e infatti il numero di donne coinvolte raddoppia se si passa da chi dichiara a chi riconosce di essere una vittima. Solo l’1% dichiara di aver subito violenza, ma senza riconoscerne il tipo.
Per quanto riguarda l’autore della violenza, nella metà dei casi (50,8%), è vicina alle vittime, è un conoscente (15,7%), uno sconosciuto (13,2%), un collega (11,8%) o una persona che si occupa della donna con disabilità o in ambito sanitario o sociale (8,6%). Un dato interessante è che sono donne e uomini gli autori della violenza (45 e 47%) e dimostra che esiste una differenza fra persone abili e disabili e una cosiddetta violenza abilista nei confronti delle persone con disabilità, un tipo di violenza ancora più difficilmente riconoscibile e dimostrabile.
Nell’87% dei casi, l’autore della violenza è una persona nota alla vittima, nella metà dei casi è un partner, un amico o un membro della famiglia. Questi dati vanno di pari passo con quelli relativi ai luoghi dove avvengono le violenze. L’abitazione delle vittime è dove si registrano più casi di violenza, seguito dal lavoro e “via etere” (25,2%, 17,6% e 11,7%). Uno dei dati più interessanti riguarda proprio il fatto che l’ufficio sia diventato un luogo dove si può subire la violenza. Oggi può avvenire anche sui social network o attraverso gli schermi degli smartphone, e lo spazio virtuale è il terzo posto dove si registrano episodi di violenza.
Lo studio riporta anche dei dati relativi alla violenza assistita, gli atti di violenza verso le madri ai quali assistono i minori. Questo è un fattore di rischio sia per l’area psico-fisica che per quella relazionale. Chi è esposto a questo genere di violenza ha la tendenza a interpretare questi gesti e i piccoli possono interiorizzare l’idea che l’uso della violenza sia normale nelle relazioni affettive. Un circolo vizioso che ripete comportamenti distruttivi e nocivi da una generazione all’altra.
Delle 22,8% donne con disabilità che hanno subito violenza, il 7,6% dei loro figli ha assistito e più del 10% l’ha anche subita. Preoccupa il dato relativo alle ragazze che hanno subito abusi sessuali prima dei 16 anni (22,2%) perché è molto probabile che gli episodi saranno reiterati anche una volta adulte. Uno dei fattori di rischio maggiori per queste donne vittime di violenza è rappresentato dalla loro disabilità. Chi è donna e ha disabilità subisce una doppia discriminazione: come donna e come disabile. Da donna vive la mancanza di pari opportunità, come disabile vive la mancanza di partecipazione alla vita sociale e vive, dunque, un abuso doppio ed è esposta a un doppio rischio.
È chiaro per le donne che hanno compilato il questionario: il 35,8% di loro ha evidenziato di vivere questa doppia discriminazione, mentre il 33% pensa che il fattore di rischio sia legato all’appartenenza al genere femminile, solo l’11,4% lo lega alla condizione di disabilità e il restante 20% non ha risposto alla domanda.
La dimensione sessuale per molte donne con disabilità è ancora un tabù e molte sono viste come asessuate da un’elevata fetta di società, quindi colpisce positivamente il dato che vede come molte di loro percepiscano di aver subito l’abuso in quanto donna e non in quanto disabile. La disabilità può comunque rappresentare un fattore di rischio quando è plurima: se sono presenti cioè più limitazioni, in questo caso il report dimostra che il 77% di donne con più forme di disabilità sono più esposte al rischio di una violenza rispetto al 61% delle donne con un’unica forma di disabilità.
Un altro fattore di rischio è la disabilità psichiatrica: l’88% di queste donne ha subito una forma di violenza contro il 60% delle vittime che non ha questa limitazione. Non solo, nel caso della violenza reiterata, il secondo report di VERA ha dimostrato come ci sono delle ripercussioni sulla salute emotiva e psichica della vittima.
La penultima sessione del report riguarda la reazione alla violenza. Sono in aumento le donne che hanno reagito all’abuso (46,5%) e hanno fermato l’aggressore (32,3%), preso le distanze (19,1%), si sono confidate e lasciato il luogo dove si perpetuavano le violenze (8,2%). Le donne disabili vittime di violenze denunciano l’abuso agli operatori sociali o alle forze dell’ordine.
Si è analizzato anche il motivo che spinge certe donne a non denunciare: il 49% ha ammesso di essere state bloccate dalla paura, dalla giovanissima età (14,6%), dal loro carattere debole (11,5%) o dall’impossibilità di denunciare (7,3%). Il 7,3% non riconosce l’abuso e altre non reagiscono per dignità (3,1%).
Secondo il 34,5% delle donne che hanno compilato il questionario il miglior modo per uscire da queste forme di violenza è fare affidamento ai Centri Antiviolenza o ad altri servizi ad hoc e anzi c’è una richiesta di aprire più realtà simili.
Anche una rete di familiari o di amici può aiutare a lasciarsi alle spalle gli episodi di violenza (17,3%) mentre una percentuale minore (16,8%) pensa che è opportuno avere un appoggio psicologico. Il 14,7% pensa che sia necessario cambiare il modello culturale per far sì che episodi di violenza come quelli che hanno subito non si ripetano più. Per altre la liberazione passa invece attraverso l’autonomia (il 9,6%).
Chiara Laganà
Fonte: FISH
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