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venerdì 14 maggio 2021

Se mi ami, aiutami a cambiare.

Se mi ami, aiutami a cambiare. di Noemi Debbi Il Metodo Feuerstein e l’apprendimento mediato. Esiste la possibilità di cambiare, oppure siamo destinati a rimanere come siamo per sempre? Scommetto che chiunque, in un momento di crisi o di rinnovamento esistenziale, si sia trovato a porsi questa domanda. Se fosse qui con noi il dottor Feuerstein, probabilmente ci sorriderebbe con la sua candida ed emanata saggezza, e ci rassicurerebbe, spiegandoci che l’uomo non è solo un mix tra biologia e cultura, ma anche il suo dispiegarsi nella possibilità. Noi siamo il cambiamento che attuiamo. Non è facile, perché questo significa andare dentro se stessi, meditare e riflettere in profondità per porre in essere la trasformazione. Ci vuole volontà, sistematicità, tempo. L’intelligenza non è un’immutabile caratteristica calata dall’alto, ma la capacità di creare nuovi modi di pensare e agire. Il merito di questa visione è mettere al centro, dare fiducia all’uomo e alla sua attitudine ad agire. Siamo noi che portiamo la responsabilità del mutamento. Ma cosa c’entra questo con il Metodo Feuerstein? C’entra; perché la nostra plasticità neuronale è implicata anche nell’esperienza di apprendimento mediato, in cui la dinamica di Buberiana memoria della relazione tra io-tu, diventa essenziale. Il mondo si può conoscere in tanti modi; facciamo un esempio: Adam è un bambino curioso, iperattivo, sempre alla ricerca di nuovi stimoli; la mamma e il papà lo lasciano fare, e la storia finisce qui. L’esperienza di Adam, però, potrebbe essere diversa se i genitori lo stimolassero, lo seguissero, lo indirizzassero nella sua esperienza: se i genitori, dunque, fossero dei mediatori attivi per la costruzione della sua identità e della conoscenza del mondo. La mediazione è un’arte, e l’arte presuppone motivazione e intenzionalità, quel motus che ognuno di noi pone in essere quando si relaziona all’altro in termini di umanità vissuta. Questo funziona anche con la disabilità. Chi l’ha detto che un disabile sia destinato a rimanere così com’è? Certo, i fattori biologici fondanti della patologia sono indiscutibili, ma la qualità della vita potrebbe cambiare di molto se solo noi non ci arrendessimo, e se insegnassimo alla persona interessata a trovare dentro se stesso la forza per migliorare; è un processo lungo e graduale, come abbiamo già detto, che presuppone sistematicità e criterio. Di seguito esporrò i punti chiave proposti dal dott. Feuerstein: Intenzionalità e reciprocità; Trascendenza; Mediazione del significato; Mediazione del senso di competenza; Mediazione della regolazione e del controllo del comportamento; Mediazione del comportamento di condivisione; Mediazione dell’individualità e della differenza psicologica; Mediazione della ricerca, della pianificazione e del conseguimento degli scopi; Mediazione della sfida nei confronti di sé stessi, della ricerca della novità e della complessità; Mediazione della consapevolezza della modificabilità umana e del proprio cambiamento; Mediazione dell’alternativa ottimistica; Mediazione del sentimento di appartenenza alla collettività. Sono criteri che si sforzano di descrivere in maniera complessiva il processo di apprendimento e, se vogliamo, di riabilitazione del disabile.

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